Fabrizio Bellanca

never been here

Never been here/ jamais ète ici di Fabrizio Bellanca

Fabrizio Bellanca, romano di nascita ma comasco di adozione, è un artista poliedrico che ama sperimentare utilizzando sempre nuovi materiali.

Tra quelli da lui maggiormente utilizzati troviamo l’alluminio, sul quale opera con colori da stampa in sovrapposizione a colori per vetro, e l’acciaio in lastre, su cui agisce con il Dremel, piccolo trapano con punte in pietra e diamantate. L’effetto che ottiene è sorprendente, simile a quello del tratto di una matita.

In esposizione sono presenti sia opere di grandi dimensioni che opere più pop dell’artista: le Virtualoid. Il nome ci riporta agli anni Settanta, alle Polaroid, agli attimi vissuti fissati istantaneamente su carta e in piccolo formato. Uno strumento che nella sua sublime nostalgia vintage si fa opera d’arte e ci proietta nel futuro con i suoi materiali innovativi e moderni. I supporti in alluminio e acciaio, insieme ai colori per vetro e al Dremel usato per incidere, producono un effetto in cui figurativo e astratto convivono, lasciando ampio spazio all’interpretazione personale.

Never been here (mai stato qui), questo il nome scelto dall’artista per la sua nuova mostra, ha due diverse chiavi di lettura. La prima è di immediata comprensione e rimanda al fatto che le sue opere non erano mai state in esposizione presso la prestigiosa sede del Castel Baradello, in nessuna occasione utilizzato prima d’ora come sede espositiva. L’altra invece è più intima e strettamente correlata all’umanità rappresentata nei quadri. Un’umanità che, nella frenesia delle grandi città si spersonalizza, perde connessione con i luoghi. Uomini ipercontrollati e iperconnessi nell’etere, ma poco nell’anima. Le città, piene di manifesti e luccichii effimeri, si trasformano in non-luoghi, meri contenitori di una vita da attraversare distrattamente.

Proprio all’interno del parco della Spina Verde, luogo carico di cultura e identitario per la cittadinanza comasca, trovano collocazione delle opere inedite dell’artista che rimandano al mondo naturale. Fiori ricchi di dettagli realizzati su acciaio, che ricordano per certi versi l’astrattismo di Kandinsky, trovano nella splendida cornice del Baradello l’ambiente ideale in cui specchiarsi.

Tra le opere inedite troviamo anche un fiore di loto su fondo verde brillante. Realizzato con colori per vetro su alluminio, spazzolato a mano che crea un effetto olografico, simboleggia la purezza ritrovata di un uomo che incontra nuovamente se’ stesso e gli altri all’interno dei luoghi che abita. In equilibrio e armonia con la natura.

Tutto ciò vuole essere di buon auspicio, affinché l’uomo possa tornare a vedersi nella natura, a sentirla parte della propria esistenza come fonte di vita ed elemento da rispettare con sacralità.

Testo a cura di Federica Dell’Oca

Never Been Here (mai stato qui)” è il titolo della terza mostra di Slow Moon.
Non sono mai stato qui è una frase che si presta a diverse letture, la prima intima e personale, Fabrizio Bellanca, di origine romane ma comasco d.o.c., non ha mai esposto al Castel Baradello; semplicemente perché il Castello … non è mai stato un luogo di esposizione di opere di arte contemporanea.
Da qui una seconda lettura; nonostante il Castello sia un simbolo della città, di fatto è considerato uno spazio esterno alla città stessa; la distanza fisica, seppur esigua – pochi minuti da Camerlata – diventano una distanza, nell’immaginario, molto più grande; isolandolo nel mezzo del Parco e de-stinandolo a un pubblico (quasi) elettivo.
Il programma di mostre, insieme alla rassegna Castello Live! rientrano in un progetto più ampio, quello di un atto di restituzione: riconsegnare il luogo-parco e il Castello alla città di Como, ma anche a un pubblico internazionale. Una iniziativa che Slow Lake Como e Slow Moon – insieme – hanno intenzione di attuare. Fare tornare questi luoghi a essere parte integrante della città, come un quartiere cittadino, aperto a tutti, laboratorio di sperimentazione e ricco di eventi: mostre, reading, concerti e pièce teatrali.
La stagione di Castello Live! prosegue il 05 agosto con il concerto Tinere Harpa, giorno del vernissage della mostra, per proseguire il 09 settembre con l’esibizione dei Monochrome the City. L’offerta si completa con le escursioni di Slow Lake Como e con la stagione estiva della Polveriera in Valbasca.
Arte, cultura e territorio i tre cardini del progetto Slow Lake Como e Slow Moon.

La mostra
Come nelle precedenti esibizioni, le installazioni sono realizzate secondo un percorso ragionato all’interno dei piani della Torre. L’esposizione diventa uno storytelling narrativo per lo spettatore.
Ogni livello esprime un concetto diverso, una moltiplicazione sia di forme che di contenuti.
Iniziamo dalle opere a specchio, che diventano doppie con il loro riflesso, ed esprimono il concetto che se l’opera è lo spirito dell’artista, il riflesso diventa, a sua volta, lo spirito dell’opera. Il manufatto umano è soggetto al capriccio della luce, mutevole, nel percorso naturale del giorno, filtra dalle finestre della torre illuminandole e creando effetti diversi e cangianti. Un’iterazione tra la meccanica umana e il ritmo ciclico degli elementi dell’ambiente circostante.
Questa commistione di uomo e natura la ritroviamo nella sezione urban nature; questa evidenzia la contrapposizione tra opera umana ed elemento ambientale primitivo e originale. Se fino a oggi questo era un momento di scontro, assoggettamento o distruzione – il messaggio che viene restituito dall’opera dell’artista è quello di (ri)creare un nuovo equilibrio; dove i due soggetti divengono equivalenti ed equipotenti. Uno ying e uno yang; due forze spirituali che coesistono solo se unite insieme.
Un messaggio di auspicio e un invito per ricercare un nuovo equilibrio tra uomo e natura.
Importantissimi sono gli oggetti – artefatti fisici o immaginari – opera dell’uomo e del suo ingegno e ricchi di wu: la Torre ha il wu, questo sua carica di saggezza e comprensione del tutto (come potremmo tradurre il termine originale cinese), acquistato attraverso i secoli.
È sempre stata simbolo di sorveglianza (non per nulla il castello è anche noto come il guardiano di pietra) e inseriti nelle diverse sezioni della mostra ci sono immagini di moderni guardiani: telecamere e droni che vigilano. Troviamo anche un’altra opera emblematica che cita la frase if you see something, say “something”, prepotentemente entrata nel nostro quotidiano, alla quale viene contrapposta in modo quasi scherzoso, ma non banale if you see nothing say “nothing”.
Un monito per smettere con la sovraesposizione cacofonica di pensieri/messaggi e, anche, un invito per un ritorno all’essenziale, alla natura, al rapporto tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda.
Il wu dicevamo: saggezza e comprensione. Tanto noi ne diamo, tanto noi ne acquistiamo.

Infologistiche:

Never been here / Jamais ètè ici di Fabrizio Bellanca
Curatrice della mostra Federica dell’Oca

Dal 05 agosto 2022 al 09 ottobre 2022

La mostra è organizzata da Slow Moon Arts & Events – Openartelier, con la co-progettazione di Slow Lake Como e dell’Ente Parco Regionale Spina Verde.
Evento sponsorizzato da Dremel Italia

Nuova arte nell’antico castello: Bellanca

LA PROVINCIA GIOVEDÌ 11 AGOSTO 2022

La mostra. Decine di opere, più o meno recenti, in un contesto insolito: quello del Baradello sulla collina di Como
«Il segreto è dare senso a un luogo prestigioso con i linguaggi di oggi, senza avere paura delle contaminazioni»

a cura di 
LORENZO MORANDOTTI

La creatività contemporanea dialoga con antiche pietre per offrire nuovo senso a uno dei baluardi dell’antico sistema di fortificazioni del Lario: segni di pace e bellezza, in tempi bellici, in luoghi di guerra. Fabrizio Bellanca è artista di frontiera, ha già esposto in luoghi insoliti come la Caserma De Cristoforis di Como e messo in rete gli atelier di tanti colleghi con una dirompente iniziativa,
pochi anni fa. E lo conferma con la sua nuova personale, sfida al cubo: a se stesso, al concetto tradizionale di mostra e al luogo in cui essa viene impaginata. E il risultato vale le fatiche dell’ascesa, su per le balze di quel prezioso polmone verde incastonato da millenni come un cuneo di natura e da millenni nel corpo della città. Torniamo a Bellanca. Il suo atelier è al numero 35 di via Borgovico, “piccola Brera” comasca che è essa pure sfida con iniziative nate da artisti. E ora Bellanca con decine di opere storiche e recenti che abbinano fotografia, scultura, pittura, segni
meccanici su alluminio e interventi cromatici manuali, è in cima al colle del Baradello, simbolo
del parco Spina Verde. Sentinella di pietra Nella torre, sentinella di pietra voluta dall’imperatore Federico Barbarossa, ha riempito con le sue opere di vario formato, da quelle più impegnative ai “virtualoid” pop tascabili, quattro piani. È la terza mostra di arte contemporanea nell’insediamento quest’anno, declinata nel progetto SlowMoon. Quella di Bellanca si intitola “Never been here” per giocare con l’inedito ruolo di galleria destinato al Baradello: un luogo inimitabile per fare mostre. Di fatto un laboratorio in progress. Da dove nasce questa sperimentazione al Baradello, aperta fino al 9 ottobre tutti i sabati e domenica dalle 9.30 alle 18? «Tutto nasce con la nuova gestione della struttura del Baradello che ha rivitalizzato il complesso, firmata Slow Lake Como. Con il progetto SlowMoon abbiamo voluto scommettere portando per la prima volta i linguaggi dell’arte di oggi in un monumento medievale tutto da valorizzare e da vivere – dice Bellanca – è stata una bella sfida e vuole essere anche un esempio e uno sprone per la città di Como. La prima mostra dell’anno
è stata quella di Marcella Chirico, poi è seguito Enrico Cazzaniga con il suo doppio omaggio a Dante e a Bob Rauschenberg. Qui ora ho voluto riprendere e rivalutare molti miei progetti degli ultimi anni, alcuni dei quali modificati anche radicalmente in corso d’opera complice la pandemia, e do anche spazio a lavori recentissimi come le mie meditazioni sulla natura trasfigurata tra realismo e astrazione, con trasparenze ed effetti “3D” che sono un viaggio pop nei decenni, un amarcord vintage. Non mancano le mie opere dedicate agli spazi urbani, con riferimenti al patrimonio architettonico del nostro Razionalismo comasco, e allo stesso Baradello, e alle tante città che ho vissuto con la mia arte, dagli Usa a Bruxelles a Monaco fino alla Torre di Londra (l’opera all’ultimo piano prima di uscire ad ammirare il panorama è un implicito omaggio al contenitore) e al Portello di Milano. Di fatto ribadisco con questa esposizione che mi spaventa la ripetitività, non potrei sopportare di rifare per quindici anni la stessa identica cosa. Ho voluto anche giocare con la mia stessa immagine, con un’opera specchio ispirata a Dorian Gray grazie alla quale, proprio all’ingresso, il visitatore può farsi un selfie con il mio profilo. E gioco anche con lo stesso Baradello: era torre di sorveglianza e di avvistamento, molto efficiente: dalla cima nei giorni limpidi si vede bene Milano, e io ho disseminato i quattro piani di piccoli droni pittorici che segnalano all’ospite come questa funzione di sentinella di sicurezza venga interpretata ai giorni nostri grazie alla tecnologia. I miei droni seguono passo passo il visitatore con la loro presenza annidandosi in luoghi strategici della torre. Ho anche dedicato due opere molto grafiche al tema del terrorismo riprendendo le frasi che spopolavano all’epoca degli attentati nelle grandi città del mondo e che invitavano a vigilare: “If you see something, say something”, “if you see nothing say nothing” che qui riprendo provocando lo spettatore a dire la sua di fronte alle mie opere d’arte». Fatica e talento Magari riprendendo, sul filo della provocazione, il Wittgenstein del “Tractatus” (su cui di cui non si può parlare si deve tacere), in un’epoca in cui chiunque si può spacciare per artista mentre il merito vero è sempre e sempre sarà questione di fatica, talento e tenacia. Lo si vede nelle opere di Bellanca “Virtualoid”, multipli ma di fatto opere uniche dove coabitano manualità, cromatismi, visioni urbane. Dall’alto del Baradello, a 430 metri sul livello del mare, con la torre a dominare il complesso dove fu appeso nella sua gabbia di espiazione Napo Torriani,  contempliamo la città in preda all’afa, ampie chiazze di vegetazione arrostite dal sole. Sembra autunno con due mesi di anticipo, il vento fa cadere le foglie come ad Halloween. «Il segreto è dare senso a un luogo prestigioso con i linguaggi di oggi, senza avere paura delle contaminazioni» dice Bellanca guardando dall’alto la sua città.
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